Quando dico che faccio il poeta
in realtà sto mentendo
che poi a dir bene
mica lo dico che faccio il poeta
sarebbe sbagliato
il poeta difatti
non lo si fa lo si è.
Allora quando dico che sono poeta
la gente mi dice “bello!”
oppure “ah però!”
Ma lo dice con una faccia
un po’ dispiaciuta, un accenno
di compassione.
La verità è che la gente
se gli dici poeta lei pensa
che tu soffra un casino
e hai voglia a dir loro che no
che stai bene, che sei
financo sereno,
loro no, niente.
Pure se sembri sereno
loro ti guardano e dicono:
“si, ok, sembri sereno
fuori, ma dentro?
chissà che inferno ti porti,
dentro”
Io dentro
porto pochissime cose
per lo più organi interni
un cuore mediocre
due polmoni un po’ lerci
un bel paio di reni
e un fegato che
con tutto quello che ho fatto
il fatto che faccia
ancora il suo sporco lavoro
io lo trovo davvero ammirevole.
Tra tutte le cose che ho dentro
quella che gli voglio più bene
io è il mio fegato
E se dovessi eleggere mai,
tra tutti i miei organi interni, l’organo
interno del mese
io eleggerei il mio fegato
ogni singolo mese e pazienza
per le acide gelosie
che inevitabilmente ne nascerebbero.
Ma sto divagando, dicevo
dell’inferno dentro
Ecco io al massimo
l’inferno dentro qualche volta
se ce l’ho avuto era allo stomaco
ma quello, mi ha detto il dottore,
non è la poesia, sono i Mojitos
e i Daiquiri e i Piscos
e i Margaritas: i demoni
miei hanno tutti
origine ispanica e un prezzo
che si aggira tra i sei e gli otto euro
Se li trovate a meno
ditemi dove, ci vado.
Ma questo non c’entra,
adesso,
era solo per dire
che scriver poesie non serve
averci l’inferno
dentro,
ma di sicuro
ci vuole un gran fegato.

af