Contemplo l’inutilità
d’un paio di braccia
che non potevano più
stringerti e che
per questo
mi sono tagliato
via.
Giacciono
immobili su un pavimento che ora
andrà pulito per bene
prima
di invitare ospiti nuovi.
Ci provo, ma senza
più braccia perdo
l’equilibrio ben presto
e cado
e allora decido
che non ho più
bisogno di questi buffi,
stupidi piedi
se non possono
seguire i tuoi passi.
E a cosa mi servono
questi laghi negli occhi;
questi lucidi occhi
in cui
dicevi “sprofondo!”, se tutto
ciò che vedono è il vuoto
che hai lasciato qui intorno?
E via questi denti
che hanno perso il motivo
per fare un sorriso,
via queste orecchie,
via il mio naso, via
tutti i capelli tra cui
nessuno
passerà più dita sottili.
Via,
via tutto quanto, anche
se tutto questo non serve
che anche
senza più nulla,
senza più braccia, né piedi,
senza vista, né udito,
qui, nel freddo,
umido buio,
d’una vuota cucina ancora
nel ricordo a forza ritorno
mio malgrado alla sera d’autunno
in cui sognando
ti ho affidato quel cuore che ora
è l’unica cosa che ancora
vorrei, ma non riesco
a strapparmi via.
af
Lascia un commento