Avevo un lavoro da fare
rimandavo da un mese,
dicevo domani,
lo faccio domani.
Dopo un po’
non ci sono stati domani
disponibili,
avevo finito i domani
che è una cosa ben triste.
Mi restava soltanto
un misero oggi
solo una sera
di nuvole e pioggia.
Ho messo il sedere
a sedere
sopra la sedia. La mia
mente se n’è subito andata
da un’altra parte, ha fatto
un giro tra dei pensieri
per nulla lavorativi,
s’è fermata dalla ragazza
ricciola e rossa
che vive al piano di sotto.
Oggi nell’ascensore portava
degli stivali neri di pelle
con un bel tacco a spillo
minigonna pure di pelle.
Aveva davvero
una splendida pelle.
L’ho pensata
e la mia anima è stata
completamente rapita
da un’emozione intima,
una di quelle emozioni
rigide,
prettamente maschili.
Allora ho fatto l’amore
con me e poi
mi sono sentito orribile
per aver sprecato del tempo
in una cosa meschina
come il mio proprio piacere.

Dopo mi sono concentrato
con forza sul mio lavoro,
mi son riseduto, ho ricominciato
ho costretto
la mia mente a starsene lì.
Era faticoso, voleva
andarsene via, soffiava
e graffiava, come un gatto feroce
la mente mia.
Per lo sforzo ben presto
m’è venuto male alla testa.
Ho preso un Aulin allora,
ho atteso
facesse effetto,
ma non ha fatto effetto.
Ho pensato ci volesse più tempo.
Mi sono messo a guardar la tv, aspettando.
C’era un bel film, tutto
zeppo di sesso e rapine.
Lo avevo già visto
Circa diciotto volte,
ma lo rivedevo sempre con gioia.
Ho detto: solo una scena.
L’ho visto tutto, titoli
di coda compresi.
Alla fine mi sono sentito
orribilmente in colpa
di nuovo.
Il mal di testa in compenso
era scomparso.

Son tornato a sedere
ancora una volta,
mi son rimesso al lavoro.
Sfortunatamente un mio occhio è caduto
sull’orologio sul tavolo e attraverso
l’orbita,
lasciata vuota dall’occhio caduto
sul tavolo, è entrata
una gelida corrente d’ansia
Era tardi,
tardissimo, non ce l’avrei
fatta davvero mai.
O forse si, ma a patto soltanto
di rimanere freddo
e calmo e tranquillo e io
invece
ero invaso dall’ansia,
ero agitato
come un mare agitato.
Per calmarmi allora
mi sono alzato
e ho calpestato
il parquet scricchiolante
fino al frigo e ho preso
una bottiglia
di chardonnay e un bicchiere.
Ho pensato: uno solo,
mi calmerà, poi ricomincio
a lavorare.
Non ha funzionato.
Ho pensato: ancora
un altro, poi ricomincio.
Non ha funzionato.
Ho pensato: l’ultimo, poi:
l’ultimissimo, poi:
l’ultimissimissimo.
Alla fine
non ha funzionato nessuno
non ho ripreso il lavoro,
non ho finito
quel che dovevo finire,
è finita
ch’ero ubriaco e
era tardi, troppo
perfino per andarsene a letto.

Allora: “Ragazzo
– mi son detto –
puoi fare
una cosa soltanto:
scrivi di nuovo
una qualunque poesia,
va bene anche
una brutta poesia,
basta che sia
semplicemente una cazzo
di poesia,
Ricordati sempre
la regola d’oro: tutto
il tempo sprecato,
non importa in che modo
tu l’abbia sprecato
sembrerà sempre
meno sprecato,
se potrai dire
d’averlo usato
per farne poesia.

af