Sul bancone di un bar
deserto, in una strada affollata
c’era un vassoio con sopra
una brioche vuota.
Non avendo altra scelta l’ho ordinata,
insieme a un caffè
macchiato.

Era metà mattinata,
ero uscito da solo, da soli
dieci minuti,
dall’ufficio degli oggetti smarriti,
che ora si chiama Ufficio
Oggetti Ritrovati, perché
questo è un paese pieno zeppo
di fiducia e speranza,
quando si tratta
di battezzare una stanza.

Ma da sola, ahimè, la speranza
non basta
e dentro l’ufficio
degli oggetti ritrovati, io
ho trovato un omino
smarrito, solo,
bianco e smagrito, seduto
dietro un vetro venato.
Alle spalle un doloroso
stanzone vuoto.

Mi ha ascoltato
con professionale attenzione, ma
non ha dovuto cercare per esser certo
di non avere
Il mio oggetto smarrito.
Nemmeno si è alzato.
Ha detto: “mi spiace”
come fosse una colpa sua.
“Ormai – ha aggiunto poi, mestamente –
a questo mondo
non si ritrova quasi più niente”.
Ho risposto: “ho capito,
grazie lo stesso

e poi sono uscito,
me ne sono andato.

Sul giornale
che leggo adesso,
aspettando il caffè, c’è scritto
che la felicità
dell’essere umano è un diritto
universale, sancito dall’ONU.
Lo ripiego con cura e penso
che forse ci vorrà più di questo,
per render felice
tutto questo pianeta. Poi,
arrivato il caffè, con
pochissima voglia, addento
questa brioche vuota, ordinata
per mancanza di scelta
in questo bar deserto,
lungo una strada affollata.
E all’improvviso, pensando
ancora all’omino
degli oggetti smarriti, osservando
distante non più di due metri,
il passeggio nervoso
delle persone al di là dei vetri, sento
che vorrei, vorrei tanto
ritrovare qualcosa o anche
soltanto che dentro
questa stupida brioche vuota,
inaspettata,
ci fosse almeno
una goccia di marmellata.

af