I nostri occhi si incontrano, tra il dondolio delle teste di tutti gli altri passeggeri.
Si trovano, poi si perdono. Si cercano di nuovo.
Mi guardi come si guarda qualcosa che si desidera, lo vedo, lo so.
E poco importa che io non ti conosca. Anzi forse è proprio fondamentale.
Siamo due esseri umani che si fissano, in mezzo a un mondo che non ci guarda. E’ più di quanto abbiano in comune la maggior parte delle persone.
Sicuramente più di quanto immaginavo potesse capitarmi stamattina, uscendo di casa, salendo sull’autobus, portando ancora una volta la mia solitudine verso un lavoro che odio.
Devi leggermelo negli occhi, che questo nostro incontro mi sorprende, perché sorridi e ti muovi, mi vieni incontro facendoti largo tra una massa di badanti, studenti e impiegati, tutti ugualmente tristi e annoiati.
Sorrido anch’io e di colpo decido che non volterò le spalle al destino, anche se di solito non capitano a me, queste cose, anche se ho ancora in bocca il sapore d’una notte in decomposizione e di un cornetto alla crema che non avrei davvero dovuto prendere, dopo tutto il vino di ieri.
Resterò qui ad aspettarti, con la schiena schiacciata al fondo dell’autobus e un operaio che a ogni fermata mi sale sistematicamente su un piede.
Fai ancora due passi, siamo di fronte, ci guardiamo, un istante e ci riconosciamo a vicenda.
Le tue labbra si aprono, lentamente, come avevo immaginato, e mi parli. Dici esattamente quello che sapevo mi avresti detto.
Dici: “biglietto?”

af