Da un po’ di giorni mi sveglio presto al mattino, appena fa giorno, ben prima che suoni la sveglia.
È per via del caldo.
Apro gli occhi e mi ritrovo immerso in un materasso umido e appiccicoso. Allora mi alzo.
Le gambe mi reggono a stento, perché in realtà anche se sono cosciente buona parte del mio corpo sta ancora dormendo. Così mi muovo più o meno come un morto vivente. Con le braccia avanti e la testa ciondolante, barcollo dal letto al tavolo della cucina. Mi siedo.
Prendo il bicchiere che sta sul tavolo con una mano, la brocca, riempita la sera prima e già calda, con l’altra. Verso l’acqua nel bicchiere, facendone cadere un po’ sul tavolo, bevo, lo poso. Resto lì.
Seduto con gli occhi chiusi, nell’aria paludosa della cucina, ascolto i rumori che giungono da dietro le pareti che ho intorno. Sento tutto. I suoni arrivano poco alla volta, alla spicciolata.
Sento per prima la bambina dell’interno 56. Piange. Non ho idea di come si chiami, ha meno di un anno. Sento i passi strascicati di sua madre che va a prelevarla dalla culla. Le sento fare quella vocina piccola che fanno le mamme ai bambini che piangono.
Subito dopo sento il borbottio della macchinetta del caffè, dalla cucina dell’interno 57. Nessuno la spegne. Il caffè ribolle e poi ricade sui fornello, sfrigolando e soffiando.
Sento poi una risata, dalla camera da letto dell’interno 63, esattamente sopra la mia testa. Anzi due, le risate sono due. Non sento nessuna parola provenire da lì, solo risate.
Subito dopo mi arriva lo scroscio dello sciacquone del bagno dell’interno 60, alle mie spalle. Poi il getto della doccia che viene aperta, lo scorrere della porta. E una voce di donna, che stona una canzone alla moda.
Io sto in silenzio, non faccio nessun rumore. Sudo con gli occhi chiusi. Ascolto soltanto, briciole delle vite nascoste oltre le pareti che ho intorno. Pareti che non mi appartengono, ne pago l’affitto.
Loro, le persone negli appartamenti che mi circondano, non sanno nulla di me, non mi sentono, non possono: stanno vivendo la loro vita, non prestano attenzione al resto del mondo. Non di prima mattina, non con questo caldo.
Io invece sì, presto attenzione, seduto al tavolo della cucina, immobile, silenzioso, con gli occhi chiusi, respirando a fatica li ascolto.
E mi sento solo.
Completamente solo.

af