Alla mostra di fotografia del famoso fotografo, ci sono molte, molte fotografie. Sono appese ai muri di ogni stanza, affiancate le une alle altre, sempre alla stessa distanza.
Sono quasi tutte degli anni trenta o quaranta. Riproducono bambini, automobili e palazzi che oggi non esistono più. Un famoso pittore e una splendida attrice. Ormai morti.
Cammino lentamente, seguendo il perimetro delle sale, fermandomi davanti a ogni immagine.
E davanti ad ognuna capita che, dopo un po’ che la guardo, metto a fuoco il mio volto, riflesso nel vetro della cornice.
Succede ogni volta.
Così davanti a ogni foto appesa al muro, invece di guardare la foto, finisco per guardare me stesso: se ho i capelli a posto, se ho una postura sbagliata, se la giacca mi cade bene.
Di fronte all’immagine del volto di una donna in estasi mi vedo gobbo e tiro indietro le spalle, in dentro la pancia.
Vado avanti in questo modo, finché non sono transitato davanti a ogni foto, di ogni sala. Poi esco.
Fuori piove, le persone camminano veloci sotto gli ombrelli, ignorandosi.
Io ho passato quasi due ore, alla mostra di fotografia del famoso fotografo e, mi rendo conto, la cosa che ho guardato con più attenzione non sono le foto, sono io.
af
4 Aprile 2018 alle 15:09
Essendo io stato un fotografo semi professionista, con alle spalle diverse mostre fotografiche, mi ci sono ritrovato nel racconto immaginando che fosse così anche da parte di chi faceva visita alle mie foto. E mi sovviene da sorridere al pensarlo!
Complimenti per avermi “aperto” gli occhi con questo gustoso racconto.
5 Aprile 2018 alle 11:06
Ciao Valter,
grazie mille! Se ti ci sei ritrovato tu che quella situazioni l’hai vissuta, ma dal punto di vista di chi la mostra la fa, mi fa veramente piacere.
Grazie di avermelo detto!